di Gabriele Pazzaglia e Marco Ottanelli
Il quesito è diretto a restringere la possibilità di stipulare contratti di lavoro a tempo determinato, questione che oggi è disciplinata dal decreto legislativo n. 81 del 2015 (uno dei decreti relativi alla riforma cosiddetta jobs act):
Oggi, e in caso di vittoria del NO
Il contratto di lavoro a tempo determinato, se di durata inferiore a 12 mesi, è liberamente stipulabile, cioè l’azienda può farlo a suo piacimento, senza dover giustificare tale scelta a livello contrattuale.
Se superiore a 12 mesi può essere stipulato solo se: o l’assunzione è necessaria a sostituire altri lavoratori temporaneamente assenti (ad es. perché in congedo, malattia etc.), o in uno dei casi previsto dai contratti collettivi di lavoro, oppure, fino al 31 dicembre 2025 (salvo proroghe) sia giustificato da “esigenze di natura tecnica, organizzativa o produttiva individuate dalle parti”. In ogni caso la durata non può essere superiore a 24 mesi.
In caso di vittoria del Sì
Il contratto temporaneo avrà durata massima di 24 mesi, come oggi. Non sarà però più possibile stipularlo “liberamente”, neppure al di sotto dei 12 mesi, perché, in ogni caso, tale stipula potrà avvenire solo se la nuova assunzione è necessaria a sostituire altri dipendenti assenti oppure ricorre uno dei casi previsti nei contratti collettivi di lavoro.
In pratica, il quesito, ritagliando frasi o singole parole dagli art. 19 e 21 del citato decreto, propone di generalizzare l’obbligo della “causale” a tutti i contratti a termine indicate dalla legge o dai contratti collettivi di lavoro-
Infatti, i “contratti collettivi”, cui il decreto fa riferimento sono quelli previsti dall’art. 51 del medesimo, cioè quelli «nazionali, territoriali o aziendali stipulati da associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale e i contratti collettivi aziendali stipulati dalle loro rappresentanze sindacali aziendali ovvero dalla rappresentanza sindacale unitaria».
Restano immutati le altre regole. Le più importanti sono:
– il divieto di utilizzo in caso di per sciopero, di precedente licenziamento collettivo, di esistenza di cassa integrazione e si mancato rispetto della normativa sulla sicurezza (art. 20);
– il limite di 4 proroghe nei 24 mesi (art. 21);
– il limite di assunzione di lavoratori a tempo determinato pari al 20 per cento di quelli a tempo indeterminato in forza al 1° gennaio dell’anno di assunzione (art. 22);
Un breve riepilogo dell’evoluzione normativa:
La prima disciplina organica del lavoro a tempo determinato è stata la legge n. 230 del 1962 che prevedeva casi tassativi nei quali si poteva fare ricorso a questa tipologia di contratto.
È con la legge Monti-Fornero, la n. 92 del 2012, si è introdotta la possibilità di stipulare contratti a tempo determinato senza alcuna “causale giustificativa” per i contratti di durata inferiore ai dodici mesi.
Con il citato decreto n. 81 del 2015 (il jobs act), l’assenza di causa è stata estesa a tutti i contratti temporanei, prevedendo che potessero estendersi fino a 36 mesi (salvo diversamente previsto dai contratti collettivi).
Successivamente, il cosiddetto decreto “dignità” di Di Maio ha ristretto le maglie, riducendo la durata massima a 24 mesi e introducendo nuovamente le “causali”, che sono state poi modificate1 fino a divenire il testo in vigore, di cui si chiede l’abrogazione. Cercando di fare chiarire il significato del quesito, riproduciamo la norma, segnando in neretto le parti di cui si chiede l’eliminazione:
art. 19
1. Al contratto di lavoro subordinato può essere apposto un termine di durata non superiore a dodici mesi. Il contratto può avere una durata superiore, ma comunque non eccedente i ventiquattro mesi, solo in presenza di almeno una delle seguenti condizioni:
a) nei casi previsti dai contratti collettivi di cui all’articolo 51;
b) in assenza delle previsioni di cui alla lettera a), nei contratti collettii applicati in azienda, e comunque entro il 31 dicembre 2025, per esigenze di natura tecnica, organizzativa o produttiva individuate dalle parti;
b-bis) in sostituzione di altri lavoratori.
1-bis.In caso di stipulazione di un contratto di durata superiore a dodici mesi in assenza delle condizioni di cui al comma 1, il contratto si trasforma in contratto a tempo indeterminato dalla data di superamento del termine di dodici mesi.
[…]
4. Con l’eccezione dei rapporti di lavoro di durata non superiore a dodici giorni, l’apposizione del termine al contratto è priva di effetto se non risulta da atto scritto, una copia del quale deve essere consegnata dal datore di lavoro al lavoratore entro cinque giorni lavorativi dall’inizio della prestazione. L’atto scritto contiene, in caso di rinnovo, la specificazione delle esigenze di cui al comma 1 in base alle quali è stipulato; in caso di proroga e di rinnovo dello stesso rapporto tale indicazione è necessaria solo quando il termine complessivo eccede i dodici mesi.
Art. 21
1. Il contratto può essere prorogato e rinnovato liberamente nei primi dodici mesi e, successivamente, solo in presenza delle condizioni di cui all’articolo 19, comma 1. In caso di violazione di quanto disposto dal primo periodo, il contratto si trasforma in contratto a tempo indeterminato. I contratti per attività stagionali, di cui al comma 2 del presente articolo, possono essere rinnovati o prorogati anche in assenza delle condizioni di cui all’articolo 19, comma 1.
- art. 24 del d.l. n. 48 del 2023 [↩]