Cospito per quali reati è stato condannato? Facciamo chiarezza in una storia... che non è un fumetto.

di Gabriele Pazzaglia

Da quanto Alfredo Cospito ha iniziato lo sciopero della fame, il 20 ottobre 2022, è diventato un personaggio noto al grande pubblico, simbolo, bandiera, eroe di una parte della politica, della stampa, della società civile, con tanto di sit-in di studenti della Sapienza e appelli su Avvenire, cui si sono dimostrati sensibili anche alcuni esponenti del PD, visitandolo in carcere. Tutto un mondo che usa principi alti e nobili – il senso di umanità, la funzione rieducativa della pena, lo stato di diritto – ma in modo distorto, finendo per legittimare e giustificare il personaggio e il suo messaggio. E quindi ponendosi, di fatto, contro la responsabilità che comporta il vivere in uno stato liberale.

Cospito sta scontando in carcere, dal 14 settembre 2012, una condanna a 12 anni, 3 mesi e 10 giorni per attentato per finalità terroristiche o di eversione, porto illegale di armi, furto, istigazione a delinquere e danneggiamento; fine pena prevista il 23 dicembre 2024, come è riassunto, nero su bianco, dal parere del Procuratore Generale della Cassazione, sul ricorso che ha fatto lo stesso Cospito contro il 41 bis.

Inoltre, però, è imputato in un processo, davanti alla Corte d’Assise di Torino per una serie di altri attentati, tra i quali il più grave è quello del 2 giugno del 2006, quando fece esplodere due bombe piazzate alla Scuola Allievi Carabinieri di Fossano, vicino Cuneo.

Per cosa lotta davvero Cospito? 

Cospito è stato sottoposto al regime carcerario previsto dal 41 bis il 4 maggio 2022,  con decisione dall’allora Ministro della Giustizia Cartabia, per impedire le comunicazioni con gli altri appartenenti alla FAI (Federazione Anarchica Informale). Chiedendone la revoca, egli ha iniziato una ferma protesta il cui aspetto più drammatico è quello di un [parziale ancorché molto prolungato] sciopero della fame. Quando la vicenda è diventata di pubblico dominio, secondo alcuni commentatori, o fan, la protesta era rivolta contro il “suo” 41-bis, mentre secondo altri contro il “carcere duro” in generale. Il suo legale, volendo fare chiarezza, ha dichiarato che “se venisse revocato il 41-bis a Cospito, smetterebbe lo sciopero della fame. Poi la lotta intrapresa è anche contro il 41-bis perché, dato che ritiene illegittimo lo strumento, meramente afflittivo nei confronti di uomini e donne, lo è anche per gli altri che insieme a lui sono sottoposti allo stesso regime”.

La posizione certo non brilla per coerenza, ma soprattutto non sembra veritiera: come mai, chiediamoci, Cospito ha iniziato lo sciopero della fame solo il 20 ottobre, quando il 41-bis gli era stato applicato cinque mesi e mezzo prima?  Viene il dubbio che il suo vero scopo non sia, tramite il nobile sacrificio, la lotta per gli uomini e le donne afflitti dallo Stato oppressore, ma sia un altro. Un po’ più personale e contingente. 

L’11 ottobre 2022, infatti, appena 9 giorni prima dell’inizio dello sciopero della fame, è stata depositata una sentenza della Corte di Cassazione((Sent. Cass. n. 38184 del 2022)) molto problematica per Cospito perché ha stabilito che l’attentato alla Caserma dei Carabinieri di Fossano del 2006, che abbiamo menzionato, sia qualificabile quale strage politica (art. 285 del codice penale, attentato alla sicurezza dello Stato) e non quale strage comune (art. 422), come era stato deciso in appello. La Cassazione ha quindi rinviato il processo in secondo grado, dove Cospito rischia, a queste nuove condizioni, l’ergastolo. E guarda caso lo sciopero della fame che ha tanto mobilitato certa parte della società italiana è iniziato subito dopo. La lotta di Cospito appare dunque sotto una nuova luce, quella di voler condizionare la sentenza prossima ventura, ingraziandosi l’opinione pubblica presentandosi come un perseguitato. Con un astuto ribaltamento concettuale, si  vuole attribuire una valenza politica alla sua condanna, invece che al suo reato. Molto astuta, come strategia. 

E dobbiamo riconoscere che tale astuzia è riuscita ad ottenere una platea d’ascolto e una certa mobilitazione in suo favore. 

Mobilitazione che non si fa problemi a trascurare, giustificare e minimizzare i comportamenti per cui Cospito è stato condannato, come ha fatto palesemente un fumetto di Zerocalcare che ha raccontato una versione della storia edulcorata e parziale ma che, dato il richiamo che l’autore ha sul pubblico, ha influenzato il giudizio di molti.

vignetta di Zerocalcare che lamenta che a Cospito sia stato dato il 41 bis
una pretesa analisi giuridica completamente sbagliata, la banalizzazione in una vignetta

Dunque, a dar retta al fumetto “Alfredo”, l’amicone di tutti, avrebbe solo fatto esplodere due ordigni a basso potenziale. Due ordignini, insomma, piccolini, una cosa da nulla! E quei cattivoni di magistrati – pensa un po’ – l’hanno addirittura condannato per strage. Non si sa bene cosa gli sia preso a questi giudici, che quando processavano Berlusconi pensavamo fossero “compagni”, mentre adesso sono di nuovo il braccio repressivo dello Stato spietato contro i poveri pensatori liberi! Però, al di là delle semplificazioni retoriche da comics, la storia è un’altra, molto più cruda.

L’attentato. Una strage, che minimizzar si voglia.

Cospito non ha piazzato “due ordigni a basso potenziale”. Come si legge nella sentenza, in quella occasione la strategia omicida consisteva nel far scoppiare, in un primo momento, “un primo ordigno di ridotta potenzialità offensiva” di modo da attirare sul posto appartenenti alle Forze dell’Ordine, con l’intento di colpirli “con un secondo e più potente ordigno collocato a breve distanza” e programmato per esplodere al loro arrivo. La prima esplosione è avvenuta alle 3 di notte e la seconda mezz’ora dopo. “Gli ordigni, pertanto, sarebbero stati capaci di uccidere un numero indeterminato di persone” dato che entrambi erano “potenzialmente micidiali”; lo dimostrano, spiega sempre la Corte, la distruzione dei contenitori dei rifiuti nei quali erano collocati ed il danneggiamento della facciata di un settore della caserma, colpita in più punti “da una micidiale “mitragliata” di schegge e detriti…”. L’attentato non ha causato vittime solo per “una mera casualità, conseguente alla sottovalutazione della prima esplosione da parte dei Militari accorsi per primi” (p. 58 e 59 della sentenza). Questo è quanto accaduto, una strategia stragista attuata con la “tecnica del richiamo”, un vigliacco modus operandi analogo alla strage fascista di Peteano.

Poi c’è la questione giuridica, che va chiarita. Perché la Corte di Cassazione ha stabilito che si tratta di strage politica e non comune?

Secondo Zerocalcare in Cassazione è andata così come la illustra, con malvagi giudici che sparano pene a casaccio:

 

vignetta di Zerocalcare che accusa i giudici di aver voluto punire Cospito solo per le sue idee
secondo il fumettista, i giudici formulano le sentenze a caso, per punire i “rompicojoni”. Notare che “strage normale” è una definizione inesistente, nei codici

Ma anche questa è una distorsione della realtà. Si millanta che lo Stato abbia esagerato, equiparando due petardi che non hanno fatto male a nessuno non solo ad una strage, ma addirittura qualificandola politica (!), solo per aggravare la pena al povero Cospito, e stroncarlo con l’ergastolo.  

In realtà, la differenza tra strage comune e politica è chiarissima nella giurisprudenza almeno dagli anni ‘70((Sentenza Cassazione Sez. Un. n. 1 del 1970 che ha condannato per strage politica gli attentatori che lottavano per l’annessione dell’Alto Adige all’Austria)): in entrambi i casi si tratta di atti tali da porre in pericolo la pubblica incolumità (piazzare una bomba o sparare all’impazzata). Ma è strage “comune”, che non vuol dire “banale”, se il fine è uccidere privati cittadini, termine che la distingue dal reato speciale di strage politica, che è contro la personalità dello Stato, cioè le conseguenze sono rivolte alla “compagine statale, come lesione alla persona giuridica dello Stato” (p. 57).

Entrambi i reati sono gravissimi e, se muore anche solo una persona, sono puniti con l’ergastolo. Ma se non ci sono vittime, come nel caso di Cospito, la strage comune prevede una pena minima di 15 anni, mentre la strage politica è sempre e comunque punita con l’ergastolo, anche senza morti, dato che vengono messe a repentaglio anche le Istituzioni, oltre che la vita umana.

Infatti si parla di “strage” e non di “tentata strage”, anche se non vi sono vittime: per la legge il reato si verifica con il compimento di “atti dai quali possa scaturire il concreto pericolo” di uccisione. Come spiega la Cassazione “la fattispecie consumata del delitto di strage presenta la stessa struttura del delitto tentato, ma è punita come delitto consumato, in considerazione dell’importanza degli interessi che essa tende a tutelare” (p. 56 e 57). 

Le leggi sono queste, Cospito sapeva bene a cosa andava incontro, e nonostante ciò ha chiaramente rivolto i suoi attentati anche alle strutture dello Stato.

Infatti, per stessa rivendicazione del gruppo di anarchici, le bombe sono state piazzate per uccidere non cittadini comuni, ma proprio gli allievi dell’Arma dei Carabinieri, “conosciuti e per questo simbolici rappresentanti delle forze dell’ordine, soggetti appartenenti a quel corpo adibito precipuamente a tutelare la sicurezza dello Stato” (p. 61). Si legge infatti nella rivendicazione degli attentatori che la data simbolica del 2 giugno era stata scelta proprio perché rappresentava “l’infame repubblica italiana e l’altrettanto infame anniversario dell’arma dei carabinieri”. Sempre nella rivendicazione: “Abbiamo colpito la scuola allievi carabinieri di Fossano per fargli capire già da piccoli quale ammirazione sollevi la loro criminale carriera tra noi sfruttati… Amiamo distribuire “petardi” sul loro percorso perché 10 100 1000 Nassirya non sia solo uno slogan urlato, ma una realtà non solo nel lontano oriente ma anche nelle nostre città e nelle nostre valli…”. La valenza politica, eversiva, l’attacco alla Repubblica sono evidenti, palesi, lampanti. Non vi può essere dubbio su quale fattispecie di reato si tratti, a giudizio della Cassazione.  E infatti, altri precedenti attentati simili a quelli di Cospito, senza vittime, sono stati considerati strage politica in tempi non sospetti: come la bomba vicino al carcere di Regina Coeli nel 1979 (Cass. n. 11290 del 1993) e ancora prima un attacco ad un presidio di alpini (Cass. n. 1684 del 1977).

vignetta di Zerocalcare che compara stragi e attentati del passato con quelli di Cospito
ancora una imprecisione giuridica (la sicurezza dello Stato cui fanno riferimento i codici è tutt’altro) ma in un disegno molto evocativo

Il fatto che – come accusa Zerocalcare – la strage politica non sia stata imputata per le stragi di Falcone, Borsellino o piazza Fontana (e se ne potrebbero citare altre), è una contraddizione solo apparente. La Cassazione ha preso in considerazione questa obiezione, ma il paragone è impossibile perché in ogni strage in cui ci sono vittime, la distinzione, “perde di significato e, soprattutto, di concreto interesse per le parti e per lo stesso giudice, tenuto conto delle identiche conseguenze sul piano sanzionatorio” (p. 62). Non essendoci differenza pratica, in quei processi, l’argomento semplicemente non è stato affrontato: anzi, si sarebbe inutilmente aggravato il compito dell’accusa, che avrebbe dovuto provare anche il fine specifico politico, in processi già complicatissimi.

Quanto a Traini, la condanna è stata di 12 anni proprio perché non mirava alle strutture dello Stato e la pena è il risultato del minimo previsto, 15 anni, aumentato dell’aggravante razziale e diminuito di un terzo per aver scelto il rito abbreviato (mentre Cospito ha scelto il rito ordinario, che non comporta sconti).. La critica che potrebbe fare Zerocalcare è semmai che a Traini hanno dato troppo poco per la gravità del suo gesto! Ma questa richiesta di pena più pesante è l’esatto opposto di ciò che vuole chi solidarizza con Cospito che, come lo stesso fumettista hanno firmato un ulteriore appello (diverso da quello di Avvenire) dal titolo inequivocabile “Per l’abolizione di ergastolo e 41bis”. Oppure vogliono leggi speciali e distinte a seconda della simpatia o antipatia (passateci questi due facili termini) che disegnatori, attori e cuochi provano per l’imputato? 

Appare poi curioso, strano, paradossale, che Cospito trovi vicinanza ed empatia proprio tra esponenti ed ambienti del Partito Democratico, partito che in passato è stato obiettivo dei suoi attentati: tra i fatti per cui è stato condannato c’è anche l’invio di pacchi bomba a Cofferati (novembre 2005) e Chiamparino (luglio 2006), quando erano sindaci di Bologna e Torino, eletti proprio con il PD!!! Sorge il dubbio se la solidarietà piddina non abbia finalità altre, quantomeno di mera contrapposizione a chi è al governo adesso (anche perché è stata la ministra Cartabia del precedente governo, quello con il PD, a stabilire il 41 bis all’anarchico, come detto sopra)

Per avere un quadro completo del personaggio e dell’equilibrio della magistratura,  bisogna aggiungere il ricordo di un altro paio di attentati. Il 5 marzo del 2007 il gruppo anarchico ha anche piazzato tre bombe in cassonetti della spazzatura, in un’area pedonale del quartiere Crocetta di Torino. Questa volta, è stato stabilito, volevano spaventare, o comunque fare male senza uccidere, come si desume dal fatto che gli ordigni sono esplosi in modo inverso, dal più potente fino al terzo, non letale. Per questo, nonostante l’accusa iniziale fosse di strage politica, Cospito è stato condannato “solo” per “attentato alla incolumità di una persona per finalità terroristiche e di eversione dell’ordine democratico” (pena minima 6 anni).

Invece è stato totalmente assolto assieme ad altre persone (nessun fumetto è pervenuto, su questa assoluzione) per una bomba collocata il 24 ottobre 2005 al Parco Ducale di Parma, vicino alla caserma del RIS. Dice la sentenza che “l’ordigno non era esploso perché l’interruttore che avrebbe dovuto collegare il timer al detonatore era posizionato su Off” (!)”. Secondo l’accusa, come nelle migliori commedie all’italiana, gli imputati si erano dimenticati di pigiare il pulsante, ma le intenzioni omicide stragiste erano palesi perché nella rivendicazione non hanno mai parlato di gesto dimostrativo e in scritti sequestrati si erano rammaricati della mancata esplosione. Ma i giudici, stavolta evidentemente non tanto inquisitori, hanno creduto alla versione della difesa (mero atto dimostrativo) assolvendo tutti. 

L’epilogo. L’ergastolo, forse.

Come abbiamo detto la strage politica stabilisce l’ergastolo. Ma ciò solo in linea di principio perché, in realtà lo stesso codice, per temperare una pena così grave, lascia al giudice la possibilità di diminuirla, condannando ad una pena compresa tra i venti ed i ventiquattro anni quando “il fatto risulti di lieve entità” (art. 311 cod. pen). Il giudice non è completamente libero, deve prendere in considerazione una serie di parametri (es. i mezzi adoperati, le circostanze, il danno, il pericolo), ma la diminuzione è possibile. Il problema, per Cospito, è che lui non ne ha diritto perché è un recidivo reiterato. L’art. 69, comma 4, cod. pen. vieta espressamente che tale diminuzione si applichi a chi, dopo aver commesso un delitto, ne commette un altro (recidivo) e poi un altro ancora (reiterato).
La Corte di Assise di Appello ha considerato incostituzionale questo divieto ed ha inviato gli atti alla Corte costituzionale, di cui vi racconteremo la decisione appena sarà disponibile la pronuncerà.

Cosa ci insegna questa vicenda.

Nella vicenda Cospito abbiamo visto mescolare verità parziali e omissioni, nobili principi e fini inaccettabili, retorica e minimizzazione. Lo sciopero della fame di Cospito, come abbiamo detto parziale benché prolungato, sembra un’astuta mossa per creare le condizioni per scampare all’ergastolo, rivolgendosi ufficialmente contro il 41 bis solo perché più “spendibile” politicamente, più facile da comunicare, più di impatto (e con qualche aderenza preoccupante, come rivelato dalle informative rese note – legittimamente o meno che sia – da Donzelli): chiariamo però, che il processo per gli attentati che abbiamo raccontato non è la causa del regime speciale, per la quale il ricorso di Cospito sarà giudicato dalla Cassazione il prossimo 24 febbraio, delle cui motivazioni parleremo appena disponibili.

Il 41 bis non è una misura di annientamento, non è un freddo supplizio, ma uno strumento funzionale a interrompere i legami dei vertici delle organizzazioni criminali con i loro sodali, basato soprattutto sull’isolamento (non sulla tortura) per impedir loro, così, di dirigerle anche dal carcere. 

In un paese serio il regime di detenzione non lo decide il detenuto, ma lo Stato; cedere al ricatto di un condannato, ancorché infiocchettato dal sacrificio (che nessuno gli ha chiesto) dello sciopero della fame, vuol dire aprire la voragine delle cessioni ad ogni successivo digiunetto o protestina, prima dei detenuti al 41 bis, poi degli ergastolani, poi dei condannati a 30 anni, poi giù giù fino a chi, poverello, dopo aver messo quale bombetta (ma a basso potenziale) è magari costretto addirittura a scontare una pena di pochi anni! TORTURA! sciopero della brioche! Gli strumenti giuridici e legali per ricorrere contro ogni misura carceraria sono abbondanti e generosi, nel nostro ordinamento. Il reo vi ricorra, e otterrà ogni beneficio consono alla sua condizione, al suo stato di salute, ma anche alla sua condotta che non può e non deve perseguire nuovi scopi criminali. 

Chiediamoci infine perché uno che fino a poco tempo fa era un perfetto sconosciuto ora è il vessillo dei buoni. L’esperienza ci insegna che in questo Paese non è MAI un caso quando un personaggio (o un evento) diventa “famoso” e trascina le folle: c’è sempre una sorta di, chiamiamola così, regia mentale. Concentriamo la nostra attenzione su chi può aver imbastito tale regia, e a chi fa comodo. Il confronto, il dibattito, la dialettica sono sempre buone cose, soprattutto quando ci sono in ballo questioni delicatissime come la libertà, le pene giudiziarie ed i loro limiti. Bene discuterne.  L’importante è non farsi fregare.


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