Testo e illustrazione del nuovo trattato detto “Fiscal compact”

di Marco Ottanelli

Il 19 luglio 2012 la Camera dei Deputati, con 368 voti a favore, ha definitivamente approvato il disegno di legge di ratifica del trattato di stabilità sul coordinamento e sulla governance nell’Unione economica e monetaria conosciuto giornalisticamente come fiscal compact.

È un trattato internazionale tra 25 stati, tutti facenti parte della Unione Europea, e molti dei quali aventi l’euro come moneta comune. Ma non è un trattato europeo, l’Unione (per quanto più volte evocata nello stesso, come vedremo) non ne fa parte né è stato firmato nel suo ambito. Questo perché due membri della UE (il Regno Unito e la Repubblica Cèca) non lo hanno voluto sottoscrivere.

È quindi un trattato vecchio stile, di quelli che non costituiscono alcuna autorità sovranazionale, e che si basa su un accordo reciproco che impegna i 25 contraenti l’uno verso l’altro.

Ma cosa dice, questo importantissimo documento, che è destinato a cambiare non solo la nostra politica economica in quanto Italia, ma la nostra stessa vita in quanto cittadini italiani? Sui mezzi di stampa si è semplificato facendo riferimento all’obbligo del pareggio di bilancio (peraltro già introdotto dalla legge costituzionale 20 aprile 2012 n. 1) , ma c’è qualcosa di più, e di più complesso.

Abbiamo quindi letto l’intero documento, che naturalmente alleghiamo in fondo all’articolo, e lo abbiamo messo in prosa, articolo per articolo, per renderlo di facile lettura e comprensione. Riteniamo che sia importante per chiunque conoscere il contenuto del trattato, anche per poter laicamente giudicarne sia la sostanza sia la sua applicazione. Ci siamo limitati quindi a riassumere e spiegare il trattato, inserendo solo brevissime considerazioni e specificazioni. Buona lettura.

Preambolo

I 25 stati firmatari si dicono “consapevoli” della necessità di stare nei parametri del 3% di deficit e del 60% di rapporto debito pubblico/Pil così come stabilito dal Patto di Stabilità (Italia: 3,9% di deficit e 123,3% rapporto debito/Pil, record assoluto di sempre, secondo solo alla Grecia che ha il 132,4% )((il deficit pubblico rappresenta un rapporto negativo tra le spese effettuate e le entrate collezionate (disavanzo passivo), il debito pubblico è l’ammontare dei debiti che un paese ha contratto nella sua storia verso creditori che possono essere persone, enti, imprese o altri paesi.)). Saranno anche consapevoli, ma questi parametri non sono stati mai rispettati da una gran parte dei contraenti, dato che il Patto è del 1997 e solo Estonia, Finlandia, Danimarca, Svezia e Lussemburgo son sempre stati nei limiti e non hanno mai subito una sanzione.

Gli stati si accordano fra loro sulla necessità per ognuno di loro di raggiungere il pareggio di bilancio, e di fissare questo principio nei loro sistemi giuridici tramite disposizioni vincolanti, permanenti e preferibilmente di natura costituzionale, e a renderne effettivo il rispetto attraverso le sanzioni che, ai sensi dell’art. 260 del trattato dell’Unione, possono comminare sia la Commissione che la Corte di Giustizia.

E convengono per attuare le seguenti disposizioni:

Articolo 1

Le parti si impegnano a rafforzare il Pilastro economico della Unione Europea e a rinsaldare la disciplina di bilancio nella zona euro; ovviamente il trattato si applicherà nella sua interezza solo ai paesi che adottano l’euro come moneta comune.

Articolo 2

Si dichiara e assicura che il trattato non supera o scavalca quello fondamentale dell’Unione.

Articolo 3

Si definisce l’espressione “pareggio di bilancio”, che come al solito è più complicata di quanto non appaia; essa infatti non vuol dire che le spese debbano essere uguali alle entrate, ma che la regola del pareggio si considera rispettata se “il saldo strutturale della pubblica amministrazione è pari all’obiettivo di medio termine previsto dal patto di stabilità per ogni paese((Ogni Stato membro fissa un obiettivo di disavanzo a medio termine per la posizione di bilancio, definito in termini strutturali. Questo obiettivo varia da uno Stato membro all’altro: tanto più esigente quanto più elevati saranno i livelli del debito e il costo stimato di invecchiamento della popolazione. Per gli Stati membri che hanno adottato l’euro e per gli Stati membri che partecipano all’ ERM2, l’obiettivo a medio termine si colloca oltre il – 1% del Pil. Gli Stati membri possono rivedere il proprio obiettivo a medio termine se procedono a una grande riforma strutturale oppure ogni tre anni, in occasione della pubblicazione delle proiezioni che consentono di aggiornare il costo stimato dell’invecchiamento della popolazione.))” In sostanza, per l’Italia, tale obiettivo è un deficit dell’ 1%. Dal nuovo trattato si parla di abbassare questo limite al – 0,5%, ma dipende da alcuni fattori che vedremo in seguito. Una sorta di piccolo premio di elasticità sul deficit viene invece temporaneamente concesso a chi ha un rapporto debito/Pil notevolmente o stabilmente inferiore al convenuto 60%. Se questa convergenza, che da ora in poi chiameremo pareggio di bilancio, non viene conseguita, scattano vertenze e sanzioni (mah, sembra un po’ un duplicato del Patto di Stabilità… e poi, se neanche l’Unione è stata capace, nel 2004, nel caso di Francia e Germania, di applicare le dovute sanzioni, ci riuscirà oggi un gruppo sparso di nazioni?)

Seguono poi gli impegni ad assicurare strumenti legislativi forti per assicurare il rispetto di questi doveri reciproci.

Il punto b di questo articolo è quello delle deroghe, che pare non possano mai mancare. Se già piuttosto incidente ma comprensibilissimo è il punto che individua in “circostanze eccezionali, aventi rilevanti ripercussioni sulla situazione finanziaria delle parti contraenti” un fattore di deroga dagli spietati meccanismi del trattato (alluvioni, terremoti, guerre e disastri vari; e allora, ci chiediamo, non sarebbe stato sufficiente applicare il nostro ormai estinto art. 81 della Costituzione((Il vecchio articolo 81 già di per sé imponeva una sorta di pareggio di bilancio, recitando: Le camere approvano ogni anno i bilanci ed il rendiconto consuntivo presentati dal governo. L’esercizio provvisorio del bilancio non può essere concesso se non per legge e per periodi non superiori complessivamente quattro mesi. Con la legge di approvazione del bilancio non si possono stabilire nuovi tributi e nuove spese. Ogni altra legge che importi nuove o maggiori spese deve indicare i mezzi per farvi fronte.
Questo articolo è stato recentemente mutato proprio in relazione al Fiscal Compact e riscritto in questi termini:
Lo Stato assicura l’equilibrio tra le entrate e le spese del proprio bilancio, tenendo conto delle fasi avverse e delle fasi favorevoli del ciclo economico.
Il ricorso all’indebitamento è consentito solo al fine di considerare gli effetti del ciclo economico e, previa autorizzazione delle Camere adottata a maggioranza assoluta dei rispettivi componenti, al verificarsi di eventi eccezionali.
Ogni legge che importi nuovi o maggiori oneri provvede ai mezzi per farvi fronte.
Le Camere ogni anno approvano con legge il bilancio e il rendiconto consuntivo presentati dal Governo.
L’esercizio provvisorio del bilancio non può essere concesso se non per legge e per periodi non superiori complessivamente a quattro mesi.
Il contenuto della legge di bilancio, le norme fondamentali e i criteri volti ad assicurare l’equilibrio tra le entrate e le spese dei bilanci e la sostenibilità del debito del complesso delle pubbliche amministrazioni sono stabiliti con legge approvata a maggioranza assoluta dei componenti di ciascuna Camera, nel rispetto dei principî definiti con legge costituzionale.)), dal 1948 ad oggi, per tenere in ordine i conti?), è un po’ più discutibile l’altrettanto decisivo punto del comma che concede deroghe alla inflessibilità dei bilanci a quei paesi che attraversino periodi di grave recessione economica. È ovvio che si voglia impedire ad un paese di morire strangolato, ma se non è questo un periodo di recessione, quale mai lo sarebbe? Ci dobbiamo dunque aspettare una lunga serie di deroghe, che sono equivalenti ad un annullamento di fatto del trattato? O al contrario, neanche la crisi nera nella quale ci dibattiamo fa scattare clausole di alleggerimento? Misteri della diplomazia e della economia concertata, ma scopriremo presto come il funziona sistema, nel bene e nel male, sulla nostra pelle.

Articolo 4

In questo articolo si definiscono i modi e le procedure per il rientro del rapporto debito/Pil entro il limite stabilito dal Patto di Stabilità del 60%. il paese che superasse tale rapporto (noi, come abbiamo detto, siamo oltre il doppio…) dovrà ridurlo di un ventesimo l’anno, pena sanzioni. Dunque, un ventesimo l’anno…di cosa? Nel caso Italia, si tratta di ridurre dal 123 al 60 questo rapporto, il che vuol dire che almeno entro il primo anno siamo tenuti a ridurre il rapporto debito/prodotto interno di almeno il 6%, il che è uno sforzo enorme. E non c’è altro da fare: o si aumenta il Pil, o si diminuisce il debito. E se non si riesce ad aumentare il Pil (cosa che accade solo con una netta ripresa economica), l’alternativa è solo ridurre il debito, e cioè riempire le casse dello stato con immani risparmi, o nuove tasse, nuovi tagli, nuove vendite dei patrimoni pubblici.

Articolo 5 ed articolo 6

In parole semplici, si conviene che i paesi che violino i parametri si consultino con le altre parti contraenti e con la UE per piani di risanamento e rientro. Anche in questa ottica, tutti i paesi si impegnano a presentare preventivamente alla Commissione Europea i loro piani di emissioni del debito pubblico (insomma, di titoli quali bot, cct, bpt). Una misura di cautela per evitare che gli stati mettano sul mercato titoli spazzatura non coperti da garanzia.

Articolo 7

Se uno dei paesi che adottano l’euro non rispetta i parametri, esso si impegna ad attuare tutte le misure che la Commissione Europea gli imporrà. Ma c’è una scappatoia: se la maggioranza qualificata degli altri paesi euro e firmatari del fiscal compact si opporrà a queste misure, allora esse non dovranno essere prese. È un articolo curioso, questo, perché, in un trattato non UE, delega alla UE gli interventi coercitivi, ma autorizza alcuni paesi comunitari, i quali si mettano d’accordo tra loro fuori dalla UE, a non rispettare regole e sanzioni emanate dalla UE stessa! Complicato? Sì.

Articolo 8

La Commissione Europea presenta alle parti contraenti una relazione sulle eventuali violazioni degli stati, e sulle misure prese per correggerne i comportamenti poco virtuosi, e gli stati contraenti possono adire la Corte Europea di Giustizia, anche a prescindere dalla relazione della Commissione, qualora ritenga che un altra parte non stia ai patti. La Corte, a seguito di questi ricorsi, ove riscontri comportamenti scorretti, può imporre sanzioni economiche ad uno stato (nella misura massima dello 0,1% del suo Pil). Le cifre di queste sanzioni andranno a protezione del sistema euro o verranno versati nel bilancio generale della UE.

Gli articoli 9, 10 e 11 impegnano i paesi contraenti ad un coordinamento delle politiche economiche e di convergenza, adottando, dice genericamente il trattato, le misure necessarie in tutti i settori essenziali al buon funzionamento della zona euro. La novità più importante è che questi paesi si impegnano a discutere e coordinare ex ante le riforme economiche che intendono intraprendere. Quindi, non si chiede più un “via libera” a riforme già delineate, come accade più o meno adesso, ma si discutono queste riforme nel merito con gli altri, prima ancora di formularle in forma di progetto di legge.

L’ultima parte del trattato (articoli 12, 13, 14 e 15 ) sono organizzativi. Infatti i paesi contraenti la cui moneta è l’euro decidono di incontrarsi periodicamente in una sorta di vertice tra i loro capi di stato o di governo, allargato al Presidente della Commissione e al Presidente della BCE. I capi di stato e di governo dei paesi non euro partecipano anch’essi ai vertici, ma ovviamente hanno potere di intervento inferiore, per quanto non del tutto secondario. Si coinvolgono nei processi decisionali, seppur in modo collaterale, anche il parlamento europeo ed i parlamenti nazionali. Il trattato è aperto a future adesioni, e, nell’art. 16, si precisa che entro due anni esso potrà essere integrato con i trattati europei.

IL TESTO COMPLETO DEL TRATTATO SULLA STABILITÀ, SUL COORDINAMENTO E SULLA GOVERNANCE NELL’UNIONE ECONOMICA E MONETARIA CON ALLEGATI