Il volo pindarico. Gli scali greci e l'ossessione antitedesca.

di Marco Ottanelli

Per salvare il suo paese dalla totale ed imminente rovina, il governo greco di sinistra-destra presieduto da Tsipras ha dovuto sbloccare la privatizzazione di una serie di beni e servizi. Non indagheremo l’aspetto bene/male di questa operazione, non parleremo quindi delle privatizzazioni in generale, e non parleremo degli eventuali ridimensionamenti di personale che spesso comportano; non ci interesseremo della convenienza sociale della scelta di uno stato in rovina sull’orlo della bancarotta: per quanto drammatico, non è questo l’oggetto del nostro articolo, ma più semplicemente ci concentreremo sull’ovvio e banale e noioso clamore che ha seguito una privatizzazione tra le tante, quella di 13 piccoli e grandi aeroporti. Essendo stato, in questo specifico caso, il servizio aggiudicato da una compagnia privata tedesca, molti esponenti politici, molti siti giornali e blog hanno gridato alla colonizzazione della Grecia da parte della Germania.

Anzi, le grida precisavano: prima la Germania, come uno strozzino, ha portato la Grecia ed il governo di Tsipras alle strette, poi ha comprato per un tozzo di pane i suoi aeroporti! E giù invettive sulla cinica manovra teutonica e l’invasione del povero indifeso paese balcanico.

Ovviamente, non è così; precisiamo in breve. Tanto per cominciare, nessuno ha comprato gli aeroporti greci: ciò che è stato appaltato sono i servizi aeroportuali, la gestione. La concessione. Quindi l’azienda tedesca non ha né comprato, né colonizzato un bel niente. Ha vinto una gara pubblica per aggiudicarsi la concessione (temporanea, anche se di lunghissima durata) della gestione di uno scalo. Ovviamente la ditta ci vuol guadagnare, e ci mancherebbe solo. D’altronde, è quel che fanno centinaia e centinaia di concessionari delle spiagge in Italia: le prendono in concessione, ci mettono i servizi, gli ombrelloni, assumono i bagnini che vogliono, li fanno funzionare, e ci guadagnano.

In secondo, e banalissimo, luogo, non è la “Germania” che si è accaparrata la gestione (non la proprietà, ridiciamolo che non si sa mai…) degli aeroporti, ma una società per azioni privata, la Franport spa , che non è certo la longa manus della Merkel né della Repubblica Federale Tedesca. Quando la Fiat ha comprato la Chrysler, allora in grave crisi, qualcuno dei mestatori nostrali ha per caso detto che “l’Italia si annetteva gli USA”? È terribilmente triste e preoccupante rendersi conto come i capi popolo italiani ancora non possano, non riescano, non siano in grado di distinguere l’iniziativa privata indipendente di un sano capitalismo dell’occidente democratico, da una manovra di interessi di stato, assistenzialismo, spartizione politica, intrallazzo pubblico e guadagni spartiti a mazzette tipico di ogni iniziativa alla quale hanno, o vorrebbero, partecipare come padrini, mandanti, patrones.

Anzi, nonostante la gara fosse conclusa e l’appalto vinto, Tsipras ha bloccato la privatizzazione, quando faceva il “muscolare”, congelandola per 10 mesi, e così danneggiando economicamente il legittimo vincitore e violando una lunga seria di regole e leggi nazionali e comunitarie.

Terzo punto: la Franport non ha approfittato della dura crisi vissuta nel periodo Tsipras. Infatti la gara pubblica alla quale ha partecipato si è conclusa nell’ottobre 2014, ed è stata indetta nel settembre 2013, più di due anni prima delle elezioni che hanno portato Tsipras a governare, prima di Varoufakis e delle sue colorate camicie, prima delle estenuanti trattative con i creditori, prima dei moti di piazza e dell’inutile referendum, prima che i grecisisti italici impazzissero tutti per un partito e dei leader che non li poteva rappresentare. Prima. E non ha usato, la Franport spa, nessuna truffa o metodo da strozzino: ha fatto l’offerta migliore.

Parteciparono infatti al bando tre compagnie straniere aventi i requisiti: la Franport tedesca; la francese Vinci Airports; la statunitense Corporation America associata alla greca Metka nel consorzio Casa.

Né i francesi né gli americani né gli stessi greci hanno presentato una offerta conveniente quanto quella dei tedeschi, che si sono assicurati la gestione sborsando 1 miliardo e 234 milioni di euro più 22,9 milioni di euro l’anno (da rivalutare secondo il tasso di inflazione). Inoltre si è impegnata ad investire, per i prossimi quattro anni, un altro miliardo e 400 milioni di euro per rimodernamenti e miglioramenti delle infrastrutture (che rimangono di proprietà dello stato greco). La Franport insomma versa, e verserà, nelle casse pubbliche elleniche una massa di denaro ingentissima, molto più concreta, utile e necessaria delle tante chiacchiere degli sbandieratori scandalistici italiani. Se essi, da Grillo a Rifondazione, avessero voluto evitare che gli scali di Mykonos, Rodi e Salonicco finissero in mani tedesche, avevano un comodo modo per farlo: trovare un consorzio italiano, offrire di più e lavorare duro. Ma vista la fine di Alitalia….

Come se non bastasse, per quanto riguarda la quota di profitto che la Franport realizzerà in Grecia, le relative tasse non andranno ovviamente a Berlino, ma ad Atene. Che probabilmente godrà di un introito, da quegli aeroporti, che non ha visto mai finora.

A proposito: come mai nessun gestore italiano di aeroporti ha partecipato alla gara? Forse perché si trattava di un affare dai contorni ben definiti, presi in accordo con EU e FMI. Niente spazi di manovra, niente amici degli amici. Una dissuasione forte, pare. E poi… Nonostante noi la Troika non l’abbiamo mai vista, nonostante l’Italia non sia mai finita nel programma di aiuti né della UE né del FMI, gli aeroporti li stiamo “privatizzando” velocemente e diffusamente. Pisa, Firenze, Palermo, Ciampino, Lamezia, Bari e molti altri sono già stati o stanno per essere dati in concessione a società italiane o straniere. Talvolta con gare meno trasparenti di quella greca.

Come spesso accade, meglio gridare (a sproposito) allo scandalo lontano che affrontare (seriamente) i fatti di casa nostra.