La banda di Cassino

di Marco Ottanelli

Cassino è triste. Triste perché il dramma della sua distruzione è qualcosa di palpabile ed indimenticato, e per chi lo ignorasse, è ricordato da mille lapidi e cippi e steli; triste perché la ricostruzione e lo sviluppo ne hanno fatto una delle città più scomposte d’Italia; triste perché il suo essere laziale contrasta con la sua anima campana; triste perché tra uffici del turismo che chiudono per permettere agli impiegati di far la spesa e tra scavi archeologici presso i quali ogni tanto certi custodi si intascano i soldi del biglietto dei rari visitatori, le residue meraviglie del territorio scompaiono sotto un panno pesante di trasandatezza e semiabbandono. Le fondamenta di un ristorante per gite organizzate poggiano oscenamente sulla tomba di Quadratilla, mausoleo della riccona del luogo, anno 100 d.c.

Un enorme parcheggio multipiano in cemento (con ascensore rotto, porte scassate aperte sul baratro, vetri e piccioni morti sulle scale) serve da scorciatoia tra l’area dell’anfiteatro romano e la nuovissima università. Che avrebbe dovuto dare lustro a Cassino, e non glielo dà.

Per le strade del centro, da dove l’abbazia si scorge ovunque, girano piccoli branchi di cani randagi. Non sono molto malridotti, non sono famelici né aggressivi, anzi, sono umili, lenti. Sono tristi.
Vago per viali diritti pieni di negozi. Guardo tutto, osservo tutto. E, ad un tratto, la svolta della giornata. Mi soffermo davanti ad una vetrina di una tipografia, dove vecchie foto delle battaglie di Montecassino ingialliscono da anni. Ci sono biglietti da visita piegati dal sole, e qualche libro rilegato. In basso a destra, vedo una foto di Totò e Peppino con Giacomo Furia, tratta da quel capolavoro che è “La Banda degli Onesti”, del 1956. Un cartello avverte: “abbiamo la macchina tipografica originale del film, in questo negozio dal 1958”.

Un cimelio! IL cimelio!! DEVO vederlo! La rotativa sulla quale Peppino armeggiava con colori e pennelli, e Totò dietro di lui combinava tutti i disastri del suo repertorio… “inchiostro”, diceva Peppino…”inchiostro!” ripeteva Totò, sporcandogli in naso. “Solvente” e lui: “solvente!”, e glielo rovesciava addosso… “Rullo!” “eh, come?” “Rullo!!” e Totò: “ah, sì, rullo (diceva indicando la banconota)..rullo, rullo…è proprio rullo, eh?”

La porta è chiusa, ed io suono. Mi apre un omino piccino picciò, sessant’anni circa e un metro e cinquantacinque non di più. Gli chiedo se è vero che abbiano ancora cotanta meraviglia. Sì, risponde, un po’ timido ed impacciato, ma è in cattive condizioni, sul retro….irrompo e avido corro a verificare.

Eccola. È lì, in un triste cortile, arrugginita e coperta da cellofan sdrucito… ma non c’è da lamentarsi, sono felice, ho trovato un reperto, un simbolo, un oggetto paradigma di una storia cinematografica, di un’arte di illusioni e sberleffi, di personaggi e di attori che furono e sono monumenti nazionali.

E l’ho scoperta io! Mi sento l’archeologo che ha scavato la tomba di Quadratilla, mi sento colui che ha individuato l’anfiteatro sotto il fango, mi sento orgoglioso come se fossi il primo a toccare gli ingranaggi dopo Totò, dopo Peppino. Rullo, rullo, è proprio rullo!

L’omino mi guarda, ma che avrò mai da sorridere, da gioire… gli chiedo di scattarmi una foto, ma sbaglia mira e mi mozza la testa. Gliene chiedo un’altra, per favore, e mi abbasso per evitare un altro taglio… la mia insistenza lo diverte: “eh, dovete essere un appassionato proprio…” “Bhe, sì, in effetti….lo sono!” “ma appassionato tanto di macchine stampatrici, siete?”
Non ci credo. Mi ha scambiato per un amatore di rotative.

Rotativa originale - La banda degli onesti
La rotativa originale del film La banda degli onesti

Rullo, rullo, lo vedi come è rullo…per qualche secondo mi sento proiettato nel film, e ci potrebbe stare l’onorevole Trombetta da qualche parte, e Colabbona e Guardalavecchia che ammiccano in un angolo….
“no, guardi, sono un appassionato di Totò”. La mia banale risposta mi riporta alla realtà.
Ringrazio ed esco, emozionato.

Cassino triste, tra le sue pieghe più nascoste, qualcosa di commovente lo ha, dunque. E le pizzette sono buone ed economiche. È un paese strano, rullo, veramente rullo.

 


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