Il futuro Governo e la crisi siriana. Un'occasione per una politica estera coerente e dignitosa.

di Marco Ottanelli e Gabriele Pazzaglia

Il piccolo grande bombardamento che Stati Uniti, Regno Unito e Francia hanno effettuato sulla martoriata Siria, al di là di ogni considerazione sulla opportunità dello stesso, sollecita una serie di quesiti e di questioni che interessano l’Italia ed il suo futuro governo, e che le forze politiche italiane dovrebbero seriamente considerare prima di continuare ad azzuffarsi tra loro.

La prima questione è che l’intervento è stato fatto senza coinvolgere, e forse senza consultare la Nato; se mai la consultazione c’è stata, le opinioni degli altri 26 stati membri non sono state né valutate, né considerate. L’Italia ha avuto almeno la forza di non concedere le sue basi (per adesso), ma il suo ruolo (come quello della Germania) è stato praticamente zero.
Le forze politiche (PD e, più ambiguamente Forza Italia) che hanno invocato l’opportunità che l’Italia si allinei all’intervento, per rispetto del patto atlantico, dovrebbe riconoscere che i primi a disinteressarsi dell’Alleanza sono stati proprio i Paesi che sono intervenuti.

La seconda è che l’intervento è stato fatto senza coinvolgere, consultare, e neanche considerare la Unione Europa, che anzi è stata brutalmente sbeffeggiata da Macron il quale, in perfetta indipendenza e sfacciataggine, ha agito assieme a due paesi che della UE non fanno parte (la Gran Bretagna, ormai, è con un piede e tre quarti fuori dall’Unione, e da tempo i suoi compiti comunitari sono sospesi, bloccati). L’Italia è una dei “grandi” europei, lo sberleffo è quindi proporzionato.

L’europeismo tanto sostenuto da Macron fino a qualche mese fa è stato sfrontatamente ignorato. Eppure era solo lo scorso settembre quando il Presidente della Francia aveva formulato la sua proposta ufficiale di rilancio dell’Europa: il documento dall’altisonante titolo (“Un’Europa sovrana, unita e democratica”) proponeva una difesa comune, con un bilancio unico per tale scopo e un’integrazione delle forze armate; un’ulteriore cessione di competenze nell’economia; e un rafforzamento del Parlamento europeo. Invece oggi l’Esecutivo francese scavalca persino il proprio stesso Parlamento nazionale. La voce del popolo espressa nell’Assemblea sarà (pare) relegata ad un dibattito senza voto che dovrebbe svolgersi martedì: quando potrebbe rivelarsi un surreale esercizio di stile per via dei giochi già conclusi.

Macron ha sparato razzi sulla Siria, ma ha tirato un bel siluro alla politica estera europea, e alla credibilità dell’Unione nelle altre crisi del mondo (in primis quella ucraina) e forse anche all’asse franco-tedesco. Tutti coloro che speravano (sognavano) un asse franco-italiano sulla base di un partito macronista nostrano, dovrebbero meditare a lungo e profondamente. Tutto questo scardina e rimescola molte delle convinzioni e delle semplificazioni che i partiti italiani hanno usato come stampelle per la loro identità particolare.

La terza, è che l’intervento è stato compiuto (ancora una volta) al di fuori, nonostante e persino contro il ruolo dell’ONU, l’unica istituzione che possa autorizzare attacchi e ritorsioni contro uno stato sovrano (ne avevamo parlato diffusamente anche nel 2013) e che è stata scavalcata senza nessuna remora da tre paesi membri permanenti del consiglio di sicurezza su cinque. Anzi, dato che uno degli altri due, la Russia, è un obiettivo indiretto del raid, si può dire che la triade ha agito volutamente in modo ostile rispetto alle regole dell’ONU.

Il tutto senza che vi siano prove verificabili sull’uso delle armi chimiche da parte di Assad. La Francia non ha mostrato gli elementi che dice di avere a disposizione e gli Stati Uniti hanno rapidamente ribaltato la propria posizione. Fino alla mattina del 12 aprile il segretario alla Difesa statunitense, James Mattis, riferiva al Congresso che non era ancora stata raccolta alcuna prova, mentre nemmeno 24 ore dopo vi è stata l’autorizzazione all’attacco. Quale seria verifica potrà essere stat compiuta in così breve tempo?

Il risultato è stato di riuscire a far ergere a difensori della legalità internazionale Russia e Cina (la ha chiesto una commissione di inchiesta indipendente). Nazioni che hanno un rapporto ben diverso dal nostro con il principio democratico.

La ulteriore considerazione da fare è sulle nostre relazioni con Turchia, Israele, Iran e Arabia, i quattro “vicini” della Siria che tutto hanno fatto, fino ad oggi, salvo che aiutare a risolverne la tragedia. Da europei non possiamo che essere in particolar modo preoccupati per l’azione della Turchia: lo scivolamento della loro politica interna verso la costante mancanza di libertà e di democrazia, inaccettabile per un Paese NATO, sembra corrispondere ad una politica estera spregiudicata anche nella zona siriana, con un continuo doppiogiochismo nei confronti dell’ISIS che nel 2014 fu armato (anche) dalla Turchia((L’aiuto della Turchia all’ISIS fu reso noto da una inchiesta giornalistica del maggio 2015. Invece di portare ad un cambio di rotta l’unico effetto concreto fu la condanna dei giornalisti turchi a 5 anni e 10 mesi di prigione (pochi mesi prima del fallito colpo di Stato del 2016).
E anche gli Stati Uniti hanno aiutato quelli che un tempo la stampa chiamava “ribelli” a favore dei quali la CIA aveva un programma di armamento e finanziamento, condotto insieme all’Arabia Saudita, iniziato nel 2013 e terminato nel 2017 dalla nuova amministrazione Trump. Ricordiamo che nel 2013 gli USA fecero forti pressioni al G20 per attaccare la Siria, a prescindere da un mandato ONU, in risposta al primo attacco di armi chimiche (sulla cui provenienza non è mai stata fatta definitiva chiarezza). Dalla sua parte, anche allora vi era la Francia ma il tentativo venne bloccato da Russia, Cina, India, Sud Africa e Brasile. Nel novembre del 2015, come è noto, la Francia fu vittima degli attentati del Bataclan e l’allora presidente Hollande ribaltò la sua posizione impegnandosi in una guerra contro l’ISIS. Non da meno Israele che, in base alle poche notizie ufficiali trapelate, ha condotto circa 100 attacchi contro la Siria. In un primo periodo per impedire il trasferimento di armi al nemico storico Hezbollah (il quale però era impegnato nella lotta all’ISIS). Attualmente Israele è impegnato in una guerra sotterranea contro l’Iran accusato di costruire una struttura militare in Siria, che però dice di ricevere danni ai suoi armamenti impegnati nella lotta all’ISIS.)).

L’altra e più naturale questione investe i nostri rapporti con la Russia, ed in particolare le sanzioni (disastrose per la nostra economia) imposte da NATO e UE. Se è innegabile che l’annessione della Crimea da parte della Russia sia stata un atto di forza (quindi illegale), è anche vero che le norme internazionali devono sempre essere applicate guardando la situazione concreta: è la storia che ha determinato gli interessi della Russia in Ucraina (quest’ultima non è mai stata una nazione indipendente prima della caduta del muro di Berlino e la minoranza russofona in Ucraina non sono altro che i discendenti di cittadini russi che hanno ripopolato una zona desertificata dalla seconda guerra mondiale). L’Italia dovrebbe contribuire ad uno sbocco politico che permetta una pacifica convivenza, visto che il muro contro muro, e il progressivo isolamento politico della Russia, non fa che spingere questa verso la Cina. Negli ultimi anni NATO e UE hanno dimostrato di non sapere opporsi alla volontà egoistica e particolarista di alcune nazioni, né di tutelare quei popoli che pretendono di proteggere (si pensi ai Curdi, prima usati per combattere l’Isis, poi abbandonati ai massacri turchi), né di rispettare tutte le nazioni che ne fanno parte teoricamente in condizioni di parità.

Abbiamo bisogno di un governo autorevole e solido, sì, ovvio, ma soprattutto abbiamo bisogno di un governo autorevole e solido che sia in grado di avere una politica estera precisa, coerente, decisa, non arrogante ma ferma, e che, per una volta, sia in grado, nell’ambito del rispetto delle norme e dei trattati ONU, NATO e UE (ai quali esplicitamente fa riferimento l’art. 11 della nostra Costituzione, che va letto per intero e non solo fermandosi al suo noto primo comma), e in quelli, per quelli, e con quelli, sia in grado di difendere le convinzioni, le aspirazioni e, perché no, gli interessi e la dignità sulla scena mondiale dell’Italia.
Ci auguriamo che a questo pensi Mattarella e che a questo pensino i dirigenti delle formazioni politiche che saranno responsabili, al governo soprattutto ma anche all’opposizione, del nostro prossimo quinquennio.