Lex specialis: perché deve essere ricalcolata l’interdizione dai pubblici uffici di Berlusconi.

di Gabriele Pazzaglia e redazione

Quale è il significato della sentenza che la Corte di Cassazione, oggi 1° agosto 2013, ha emesso nei confronti del sen. Berlusconi nel processo in cui è imputato per frode fiscale?

Punto 1: ha confermato le condanne per tutti i coimputati del Presidente del PDL.

Punto 2: ha dichiarato irrevocabile la condanna a Berlusconi, per evasione fiscale, a 4 anni.

Punto 3: ha stabilito che deve essere ricalcolata l’interdizione dai pubblici uffici, fissata l’8 maggio 2013 in anni 5, dalla Corte d’Appello di Milano a carico del sen. Silvio.

È questo terzo punto quello che deve essere spiegato: ciò che dovrà essere deciso nuovamente non è la condanna la quale è definitiva, irrevocabile, incancellabile. E tale è anche la pena detentiva: 4 anni (di cui 3 indultati nel 2006). La Cassazione, invece, ha ritenuto che l’altra pena, quella accessoria, l’interdizione appunto, fosse stata mal calcolata. Attenzione, precisiamo: anche l’interdizione è confermata, e non potrà mai più essere messa in discussione, ma sarà operativa solo quando una nuova sezione della corte d’appello di Milano la rideterminerà.

Perché la Cassazione ha detto questo? Nell’attesa delle motivazioni l’unica ipotesi attendibile è, secondo noi, che la Corte d’Appello e il Tribunale in primo grado, abbiano sbagliato applicando una norma invece di un’altra.
Infatti essi hanno determinato l’interdizione applicando evidentemente l’art. 29 del codice penale il quale stabilisce, appunto, che se la pena detentiva è superiore a 3 anni, come in questo caso, quella interdittiva è di 5.
Invece, con tutta probabilità, avrebbero dovuto applicarne un’altra: l’art. 12 del decreto legislativo 74/2000, richiamato anche dalla stessa Cassazione alla lettura della sentenza, che invece stabilisce che l’interdizione massima è di 3 anni.

Perché doveva essere applicata la seconda norma invece della prima? Perché essa è – tecnicamente – una norma speciale. E tutti i sistemi giuridici riconoscono un principio: lex specialis derogat generali, cioè la legge speciale deroga, e quindi prevale, su quella generale.

Dunque, visto che il reato per il quale Berlusconi è stato condannato, evasione fiscale, non è contenuto nel codice penale ma, appunto, nel Decreto 74/2000 e visto che questo Decreto non si occupa di tutti i reati ma specificatamente di quelli fiscali, questo prevale e ad esso bisogna riferirsi per il calcolo dell’interdizione. È questo il motivo per cui, ai sensi dell’art. 12 del decreto, l’interdizione dovrà necessariamente essere «non inferiore ad un anno e non superiore a tre» invece che di 5 anni.

Male, ci viene da dire, molto male, non solo perché sorprende una simile disattenzione, un errore piuttosto evidente, forse grossolano, ma anche perché tutto questo permetterà a coloro che hanno parlato di misure sproporzionate ed eccessive di poter imporre la questione nel dibattito politico, facendo cadere in secondo piano la sostanza di una condanna comunque pesantissima dal punto di vista morale soprattutto perché ad essere stato dichiarato evasore fiscale è l’ex presidente del consiglio, ancora capo di uno maggiori partiti italiani, e di maggioranza.

Il dibattito pubblico dovrebbe invece concentrarsi su questa ennesima dimostrazione di quanto sia lassista il sistema sanzionatorio italiano nel quale esiste una norma speciale che si applica ai soli evasori fiscali ai quali – poverini – viene diminuito il periodo in cui non potranno ricoprire uffici pubblici: sembravano troppi 5 anni senza poter decidere delle vite delle persone alle quali hanno rubato (perché questa è l’evasione fiscale: un furto).

NB: Berlusconi non finirà in prigione: infatti la legge penitenziaria stabilisce che gli ultrasettantenni hanno diritto alla detenzione domiciliare a meno che il reato non rientri tra quelli esclusi perché caratterizzato da violenza. (art 47-ter legge 354 del 1975, ordinamento penitenziario). Può inoltre chiedere di essere assegnato ai servizi sociali (art. 47 della stessa legge).

Cesserà inoltre dalla carica di parlamentare, ma solo dopo un voto del Senato in tal senso. Infatti dal gennaio 2013 è prevista la decadenza: si tratta di uno degli ultimi decreti del Governo Monti prevede che sia incandidabile, per 6 anni, chi è condannato a più di 2 anni per un reato la cui pena massima era superiore a 4. E Berlusconi vi rientra visto che è stato condannato a 4 anni per un reato la cui pena massima era di 6 (art. 1 lettera c, del Decreto n. 235 del 2012).
Però se la condanna interviene, come in questo caso, dopo che il soggetto è stato eletto, tale decadenza non sarà automatica ma servirà il voto del Senato. Infatti, in base all’art. 66 della Costituzione «Ciascuna Camera giudica […] delle cause sopraggiunte di ineleggibilità e di incompatibilità».

modificato il 2 agosto 2013