La cage aux Folles 

di Marco Ottanelli

“Ragazzi, come si sta bene tra noi, tra uomini! Ma perché non siamo nati tutti finocchi?!”
(i’ Melandri, personaggio del film Amici Miei, Mario Monicelli, 1975)

Perché mai non siamo nati tutti finocchi, non è dato sapere. Sappiamo però che siamo nati tutti uguali, secondo la dichiarazione dei diritti dell’Uomo, e siamo tutti uguali davanti a Dio, in teoria, secondo la dottrina cattolica e di parecchie altre religioni. Eppure in questi giorni si sta scatenando una battaglia parlamentare-politica e teologica dai toni asperrimi sul riconoscimento di qualche straccio di diritto per le coppie di fatto in generale e sul riconoscimento di almeno una parte di tali diritti alle coppie omosessuali.

Questa nostra classe politica lascia passare , e si compatta come duro marmo ogni volta che la Giunta per le Autorizzazioni a Procedere si riunisce, o che c’è da approvare un  Lodo Maccanico, il Giusto Processo, la Legge Boato, il parafederalismo fiscale,  interventi armati in Kosovo, Iraq, Afghanistan e Libano,   questa stessa classe politica si spacca e lacera sulla estensione di diritti comuni e ogni porporato, ogni ecclesiastico, ogni curato di campagna, ogni perbenista benpensante della penisola si straccia le vesti paventando miseria, terrore e morte se la ”famigerata” legge sui pacs (DICO) fosse approvata.

Sul tema, i programmi dei partiti di governo e quello finale dell’Unione sono attraversati da immani contraddizioni, e, – ancora una volta- è il ricatto di Mastella e dei Teocons a troneggiare sulla scena. Grigi, sullo sfondo, i DS, a tentar la mediazione.

Tanto L’Udeur quanto la senatice Binetti ed altri cattoulivisti hanno minacciato di tutto nell’opporsi alla legge: dal voto contrario in aula al referendum abrogativo, dall’alleanza con il fronte più oscurantista delle destre neofasciste al sabotaggio del Governo Prodi, ovviamente in perfetta armonia con il coro dei berlusconiani, ai quali fanno – speriamo inconsapevolmente- da splendida sponda e incomparabile contraltare.

La Chiesa Cattolica ha esternato, tramite il suo giornale L’Avvenire, la più intransigente opposizione. Non Possum, ha rievocato la CEI: i pacs, i registri di convivenza, le unioni di fatto, il riconoscimento della esistenza di affettività extra matrimoniali e addirittura omosessuali non è, per loro, negoziabile, è solo ed esclusivamente inaccettabile. Con un violento articolo, il Vaticano minaccia di far cadere il governo se mai osasse solofar passare la più blanda delle legislazioni sulle coppie di fatto. Roba da dichiarazione di guerra, visto che il Vaticano è uno Stato estero. Ma da noi seguono solo dichiarazioni di servilismo.

Ma oltre il particulare miserrimo dei partiti, ci sono considerazioni ben più importanti da fare.

La prima è che stiamo assistendo ad una tragedia della negazione di diritti.

Fate bene attenzione: una legge sui pacs, (e non osiamo dire sui matrimoni omosessuali), non leverebbe nulla, ribadiamo, nulla, alla famiglia così come essa esiste adesso, ma estenderebbe qualche diritto e qualche dovere, farebbe, insomma, rientrare nella legalità democratica quel che già esiste nella prassi e nella quotidianità.

La seconda è che qua ci sono in ballo la vita, i sentimenti, le aspirazioni, i desideri e a volte i bisogni di uomini e donne, cittadini di questa Repubblica e di una Unione Europea che prevederebbe parità per tutti.

La terza è che la constatazione della violenza con la quale, contro questa operazione sociale a costo zero, si levano insultanti, le grida dei conservatori di ogni specie, insultanti perché, in democrazia, negare un diritto a qualcuno è un insulto .

Lo abbiamo detto più volte, e a vari propositi, ispirati anche da Pietro Calamandrei: una democrazia non può né deve essere statica, immobile, data per acquisita. Essa deve, per essere viva, per essere vitale, per non ripiegarsi stancamente su sé stessa, costantemente crescere ed ampliarsi, abbracciare sempre nuovi aspetti della società e della espressione della persona. Una democrazia deve crescere in verticale (applicando i suoi principi dal parlamento giù giù fino all’assemblea condominiale, passando dalle regioni, i comuni, le forze armate, i sindacati…) e in orizzontale, includendo via via tutti i soggetti che l’evoluzione e il progresso del vivere civile riconoscono come portatori di diritti, e di diritti uguali.

Se oggi pare banale, scontato, che le donne in Italia votino, possano fare il magistrato e possano arruolarsi nei carabinieri, fino al 1946, al 1965 e al 1999, rispettivamente, questi diritti ed opportunità non erano loro riconosciuti, ed esistevano precise norme (corroborate da opulente opinioni dei soliti conservatori, dei soliti moralisti e delle solite tonache) che ne regolavano la esclusione.

Nel 2006, mentre il mondo corre (leggi), e si affranca dei propri fardelli medievali, in Vaticania si emettono ancora anatemi e promesse di dannazione (quanto meno politica, ma secondo Ruini, non solo) a chiunque osi parlare di amore, coppia, famiglia gay, e si bacchettano sulle dita, (ma li si vorrebbe flagellare sulla pubblica piazza) tutti coloro che propongono ipotesi di convivenza regolamentata tra coppie eterosessuali e (questo è uno degli aspetti meno noti della legge) parenti e amici che decidano di costituire, per reciproca solidarietà o convenienza, un nucleo familiare. Su questo si fa muro.

Un muro fatto di pregiudizi, scollacciate battutaccie padane, tabù ancestrali, discriminatorio e anticostituzionale (qualcuno ricorda l’art. 3 della nostra carta fondamentale?((Art. 3: Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali.
È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese))), che appare come un ulteriore segno di arretratezza di questo Paese-Peter Pan che si rifiuta di crescere.

L’odio per gli omosessuali che traspare dalle ultime invettive della Chiesa e dai discorsi quasi grotteschi dei teocon ha precedenti illustri:

L’omosessualità era considerata malattia psichiatrica fino a pochissimo tempo fa, recentemente (intorno agli anni settanta) è stata tolta dai manuali medici, ma la questione che dovrebbe farci riflettere è l’atteggiamento storicamente persecutorio che ogni regime totalitario ha, da sempre,  riservato agli omosessuali. Limitiandoci solo ai tempi più recenti,  ci dobbiamo necessariamente chiedere perché lo stalinismo (che li mandò nei gulag),  il fascismo nostrano (che li spedì al confino), il caudillismo sudamericano perseguitarono i gay; ci dobbiamo chiedere perché i regimi africani, i dittatori di tutto il terzo mondo, i capipopolo dei vari “fronti rivoluzionari” hanno sempre visto gli omosessuali come degeneri da escludere ed emarginare; dobbiamo chiederci perchè le feroci teocrazie arabe, iraniane e afghane prevedano carcere e morte per i “sodomiti”, perché i fanatismi  religiosi (islamico, induista e, come si vede, cristiano) vedano negli omosessuali nemici da spazzare via.  Persino l’America puritana e maccartista  della caccia alle streghe tentò di bandire i gay, spesso trovando la scorciatoia dell’accusa di comunismo.

Ricordiamoci anche che l’orrore dei campi di concentramento e di sterminio nazisti non hanno risparmiato gli omosessuali i quali, in base al famoso articolo 175 del codice penale tedesco, emendato dal regime nazista nel 1935 (articolo in vigore fino al 1969 e, parzialmente, fino al 1973!!) furono in circa100 mila processati e condannati a diverse pene, sanzioni e trattamenti. Dai 10 ai 15 mila furono internati, e di essi ben 7/8.000 perirono, magari dopo essere stati sottoposti ad atroci torture ed “esperimenti”

Dunque, tutti i “regimi” che abbisognavano, ed abbisognano,  di un controllo sociale stretto e pervasivo hanno dovuto stringere la vite sulla ‘diversità’ sessuale, trovando un facile nemico interno da additare e da usare come simbolo della ‘differenza’ da combattere in nome della omologazione al regime stesso e alla propria filosofia (il machismo bellico italiano, la razza pura nazista, l’uomo nuovo comunista). Ma soprattutto si volle, e si vuole,  la stigmatizzazione della caratteristica primaria dell’omosessualità, la sterilità . Come si può dominare il mondo se si decide di non procreare figli, e di non offrire ad essi il modello educativo su cui si basa la speranza di omologare il mondo alla propria visione?

Ricordiamocelo mentre ancora una volta ci apprestiamo a non riconoscere dignità e diritti a una parte dell’umanità, con la scusa del diritto naturale e divino, lasciandola in un ghetto dove è facile andarla a cercare quando serve, magari per esibirla in uno show della domenica pomeriggio.