Quesito n. 1 – Abrogazione delle norme sull’incandidabilità

Scheda sintetica di Gabriele Pazzaglia

Si tratta di una serie di norme piuttosto complesse contenute nel Decreto Legislativo 235 del 2012; in soldoni prevedono che un condannato non possa candidarsi al Parlamento italiano o europeo, assumere cariche di Governo nazionali, candidarsi a cariche regionali e locali per almeno 6 anni. Nei casi più gravi, quando il doppio della pena supera i 6 anni, l’incandidabilità sarà proprio quel valore, il doppio della pena.

L’incandidabilità scatta solo solo quando si verificano contemporaneamente due condizioni:

1. La condanna riguarda un reato grave: da reati associativi, per finalità mafiosa, di sfruttamento sessuale, traffico illecito di rifiuti, stupefacenti etc..; reato contro la pubblica amministrazione, es. corruzione, peculato…; e tutti i reati puniti nel massimo con almeno 4 anni).
Se la condanna giunge durante il mandato, il politico decade dalla carica. Solo a livello regionale e locale (quindi non nazionale, né europeo) è prevista la sospensione dalla carica, per 18 mesi, in caso di condanna in primo grado, sospensione prolungata per altri 12 mesi in caso di conferma in appello.

2. La condanna è maggiore di 2 anni (nb. 2 anni non bastano, devono essere almeno 2 anni e 1 giorno). Se un difetto c’è nella Legge Severino è proprio questo limite, che andrebbe abrogato. In Italia – purtroppo – non è raro assistere a reati gravi puniti con pene irrisorie visto che i minimi della pena spesso sono bassi, e su quelli la magistratura è allineata. Inoltre le famose attenuanti generiche si applicano sempre agli incensurati (con diminuzione della pena di un terzo). Infine le regole del processo penale permettono abbattimenti della pena concreta, come il rito abbreviato o il patteggiamento (altra diminuzione di un terzo).

Con l’abrogazione della Legge Severino non vi sarebbe più difesa della collettività nei confronti dei politici che sono stati condannati, e quindi giudicati in grado di minare la libera determinazione delle Istituzioni, e nei confronti dei loro elettori. Le altre norme sull’interdizione dai pubblici uffici sono di fatto fittizie: in quanto pene accessorie a quelle principali possono essere cancellate, se temporanee, con l’affidamento in prova ai servizi sociali e, anche se perpetue, con la riabilitazione, che può intervenire dopo tre anni dalla esecuzione della pena (cfr. rispettivamente articoli 47 comma 12 della legge sull’ordinamento penitenziario n. 354 del 1975 e art. 179 del codice penale).

Visto che il quesito è stato promosso da alcune regioni (Lombardia, Basilicata, Friuli-Venezia Giulia, Sardegna, Liguria, Sicilia, Umbria, Veneto e Piemonte) mi chiedo come pensino, quegli amministratori, di tutelare i loro cittadini e tutti gli italiani permettendo, ancor più di oggi, che la classe politica sia inquinata da persone riconosciute colpevoli di reati gravi. Son sicuro che gli stessi, tra qualche tempo, si lamenteranno della sfiducia dei cittadini nella classe politica