Dove recuperare Iva e risorse: la Dogana, questa sconosciuta. PARTE SECONDA.

di Claudio Moretti

PARTE PRIMA dell’analisi
PARTE TERZA dell’analisi

In questa seconda parte cercheremo di analizzare alcune norme, tra quelle di competenza doganale, dalle quali potrebbero essere recuperate risorse… senza incidere nelle tasche dei consumatori!

3. Le costruzioni sulla spiaggia, Art. 19 D.Lgs 374/90

Questo articolo prevede che:

  1. è vietato eseguire costruzioni ed altre opere di ogni specie, sia provvisorie sia permanenti, o stabilire manufatti galleggianti in prossimità della linea doganale ( linea doganale = lido del mare, ossia spiaggia) e nel mare territoriale, nonché spostare o modificare le opere esistenti, senza l’autorizzazione del direttore della circoscrizione doganale. La predetta autorizzazione condiziona il rilascio di ogni eventuale altra autorizzazione, nella quale della stessa deve essere fatta comunque espressa menzione;

  2. la violazione del divieto previsto dal comma 1 comporta l’applicazione da parte del direttore della circoscrizione doganale competente per territorio di una sanzione amministrativa di importo da un decimo all’intero valore del manufatto.

Non so quanti di voi che hanno la bontà di leggermi siano a conoscenza di questa norma. In un Paese circondato per ¾ dal mare è del tutto evidente quale sia o, meglio, quale avrebbe dovuto essere il suo impatto. In pratica ogni manufatto fisso: villa, ristorante, bar, ma anche un bagno, una cabina in muratura, etc. deve essere preventivamente autorizzato. Ne resta fuori tutto ciò che è removibile o non ostacola la vista del mare, tipo ombrelloni, pavimentazioni, fioriere.

La ratio dell’articolo 19 è quella di consentire alla dogana di venire a conoscenza, preventivamente, di tutte le opere che debbano essere realizzate lungo la linea doganale, affinché questa possa compiere una valutazione sulla loro possibile incidenza sull’attività di vigilanza, tributaria ed extatributaria istituzionalmente affidatele. Pertanto tutti gli interventi che, per le loro caratteristiche, finiscono per modificare od ostruire la controllabilità della linea doganale, sono soggette ad autorizzazione.

Inoltre l’autorizzazione del direttore della Dogana, competente per territorio, è prodromica, ossia deve precedere, ogni altra autorizzazione sia edilizia, sia paesaggistica. Ne conseguirebbe che nulla di abusivo dovrebbe esserci lungo le nostre spiagge e la cementificazione dovrebbe essere ridotta allo stretto necessario e solo per le esigenze turistiche, comunque mai invasiva.

Alla luce di quanto detto sopra chiedo e mi chiedo se lungo le spiagge che frequentiamo o che abbiamo frequentato questa legge sia applicata. Francamente, non credo. Mi è capitato, e non molto tempo fa, di contestare il mancato rispetto della norma per un gruppo di villette costruite sulla spiaggia di Fiumicino. Ebbene, neanche il Comune, che aveva concesso le autorizzazioni edilizie, ne era a conoscenza!

Attenzione: la sanzione va da 1/10 all’intero valore del manufatto (non del prezzo), ossia una sanzione di tipo proporzionale, come stabilito dall’art. 19 del D.lgs. n. 374/90.

Ogni manufatto gode di una sua posizione che lo rende unico e lo differenzia dagli altri. Non esiste un altro bene avente le stesse caratteristiche di ubicazione, centralità, consistenza, destinazione d’uso, vetustà, finiture, etc. Un manufatto non può inoltre essere scorporato dalla superficie su cui insiste per cui, necessariamente, non può non tenersi conto di essa nel computo del valore. Per il valore occorre, quindi, tener conto anche del terreno, nel senso che il valore di una villetta sulla spiaggia di Fiumicino è ben diverso da quello sulla Costa Smeralda. Molto verosimilmente siamo in presenza di un mancato introito per l’erario. Quando qualche mese fa si è stabilita la rivalutazione/svendita delle concessioni balneari, evidentemente questa norma era sconosciuta.

4. Mancato introito Iva e mancato introito accise sulle sigarette dei viaggiatori.

Le stecche di sigarette fermate ai passeggeri in arrivo, in quanto non importabili, sono tantissime, e costituiscono un costo notevole per l’Amministrazione (immagazzinaggio, stoccaggio, distruzione). Negli altri Stati comunitari rappresentano invece un guadagno, in quanto vengono sdoganate con conseguente incasso di Iva e accise.

Provo a spiegare l’assurdo. La norma prevede che, per esempio, da Atene, ossia da altra provenienza comunitaria, si possano trasportare liberamente 4 stecche di sigarette; da Mosca, località extra-Ue, solo una. Se per esempio io ed un mio amico tedesco torniamo in Europa da Mosca con 4 stecche, ma io vado a Roma, lui a Francoforte ed entrambi le dichiariamo in Dogana, a me tre vengono fermate, in quanto non importabili, lui quelle tre le sdogana. L’Italia spende, la Germania incassa. Il motivo? In Italia c’è il Monopolio e sigarette senza etichetta del Monopolio non possono entrare. Ma si tratta evidentemente di un non-senso perché anche le 4 stecche che avessi eventualmente comprato ad Atene, per tornare ai nostri esempi, sarebbero state senza etichetta del Monopolio.

Basterebbe solo fare come gli altri Paesi Ue per incassare Iva + Accise. Ma noi evidentemente riteniamo non aver bisogno di questi soldi. Nonostante che, ora che che Dogane e Monopoli sono la stessa Agenzia fiscale, sarebbe semplicissimo uniformarsi ai tedeschi e al resto d’Europa.

5. Combattere efficacemente la contraffazione: il complesso caso del D.L. 32/2005 art. 1 comma 7 . Cosa si potrebbe fare per

La contraffazione, piaga mondiale, è ben lungi da essere debellata e determina un danno pesantissimo nel bilancio dello Stato. I prodotti contraffatti causano il calo delle vendite di quelli autentici, lo svilimento dei marchi illecitamente riprodotti e hanno ripercussioni sull’occupazione, sulla produzione e sulle entrate fiscali. Favoriscono poi la criminalità ed il lavoro in nero, spesso producono danni alla salute e risultano pericolosi per la sicurezza. Si pensi ai prodotti alimentari o ai medicinali ovvero ai componenti di un macchinario o di un’automobile. La contraffazione è il secondo business malavitoso mondiale, subito dopo il traffico di stupefacenti, con il vantaggio, rispetto a quest’ultimo, di leggi che prevedono sanzioni di gran lunga inferiori. La contraffazione, nelle varie forme e aspetti con cui può manifestarsi, è prevista come reato dagli art. 473, 473bis, ter, quater, 474 bis, ter,quater, 517 bis ter, quater, quinquies, generalmente in concorso con l’art. 689 del codice penale. La merce di conseguenza viene sequestrata, poi confiscata e distrutta.

L’impianto penale, recentemente ed efficacemente rimodulato, per tutte le fattispecie, punisce il contraffattore in modo pesante con pene fino a 4 anni e multe fino a 35.000 euro. Nulla vi sarebbe da eccepire qualora il sistema penale italiano fosse appena efficiente. Sappiamo benissimo, quanto il sistema giudiziario italiano sia però lento ed intasato, di come le carceri siano strapiene e certo i contraffattori, essendo difficile in questi reati la flagranza, difficilmente finiscono in galera. Chi, anche casualmente, abbia frequentato un’aula di Tribunale avrà sentito pronunciare sentenze del tipo “Il Sig.X è condannato alla pena di anni Y… Pena sospesa e non menzione”. Ebbene pena sospesa significa che la multa, che è una pena, non verrà al momento pagata! Abbiamo scherzato!

Senza inoltrarmi in ragionamenti giuridici, quello che mi preme sottolineare è che lo strumento amministrativo, laddove possibile, è senz’altro da preferire a quello penale. Il motivo è che è sicuramente più efficace. L’abbaglio che, laddove un fatto venga punito con una sanzione penale, sia più grave e di maggior allarme sociale, rispetto a quello colpito da una sanzione amministrativa, va superato. Nell’attuale situazione italiana conta soprattutto che la contraffazione venga colpita e occorre essere pragmatici.

Difficilmente si sfugge ad una sanzione amministrativa, che è immediata ed esecutiva. Non esiste il discrimine dolo/colpa, e, oltre che dalla Polizia Giudiziaria, l’illecito amministrativo può essere rilevato dalla Polizia Amministrativa; le carceri non vengono affollate ma le tasche del contravventore sono pesantemente alleggerite.

L’art. 1, comma 7, del decreto legge n. 35/2005, convertito nella legge n. 80/2005, nel momento in cui scriviamo (2014) prevede che «È punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da 100 euro fino a 7.000 euro l’acquirente finale che acquista a qualsiasi titolo cose che, per la loro qualità o per la condizione di chi le offre o per l’entità del prezzo, inducano a ritenere che siano state violate le norme in materia di origine e provenienza dei prodotti ed in materia di proprietà industriale».

Di seguito esaminiamo l’applicabilità oggi delle ipotesi previste dalla norma.

6. Sanzione pecuniaria fino a 7.000 euro per l’acquirente incauto.

Acquisti e-bay trasportati da corrieri o Poste Italiane

Premesso che:

  • ci risulta che il Tribunale di Busto Arsizio con Sentenza del 13/04/07 ha assolto, dai reati cui agli art.474 e 648 del codice penale, un tizio che aveva acquistato su e-bay 15 paia di calzature Nike, risultate in sede di perizia contraffatte, per mancanza di dolo, trattandosi di privato che aveva ritenuto conveniente e convincente la proposta del venditore estero;

  • La questione del concorso apparente di norme con l’art. 712 CP – acquisto di cose di sospetta provenienza – molto simile nella sua formulazione alla norma in oggetto, può essere risolto nel senso che la sanzione amministrativa deve ritenersi prevalente, in base al principio di specialità stabilito dall’art. 9 della legge 689/81. L’art. stabilisce che “quando uno stesso fatto è punito da una disposizione penale e da una disposizione che prevede una sanzione amministrativa […] si applica la disposizione speciale” (cioè quella che ha maggiori elementi di dettaglio per cui se la norma non esistesse, lo stesso fatto sarebbe comunque punito in base alla norma generale).

La specialità appare evidente per quanto riguarda l’oggetto tutelato dalla disposizione amministrativa, costituito solo dalle merci sottoposte alla tutela della proprietà industriale, mentre l’incauto acquisto penale ha per oggetto la generalità dei beni che provengono da reato. La mancanza di dolo esclude poi l’applicazione della fattispecie penale.

Quindi la sanzione amministrativa pecuniaria fino a 7.000 euro dovrebbe essere applicata anche a carico dell’acquirente telematico di prodotti contraffatti, nei modi previsti dalla norma in questione, con conseguente confisca amministrativa, in luogo del sequestro e denuncia penale.

Acquisti effettuati da viaggiatori

Analoghe conclusioni valgono per gli acquisti di merce contraffatta dei viaggiatori di ritorno dall’estero e che viene trovata nei loro bagagli.

In questo caso occorre inoltre tener presente che il Reg. 608/2013 (Tutela dei diritti di proprietà intellettuale da parte delle autorità doganali), all’art. 1 punto 4 esclude l’applicazione delle misure restrittive del Regolamento citato per le merci portate a seguito dai viaggiatori. A maggior ragione pertanto risulta applicabile la sanzione amministrativa a carico dell’acquirente di prodotti contraffatti prevista da una disposizione nazionale. Infatti sebbene il Regolamento faccia riferimento alla proprietà intellettuale, mentre la norma in questione cita la proprietà industriale, è ormai chiarito che quest’ultima è una categoria della stessa proprietà intellettuale, che comprende anche il diritto d’autore.

Articolo 16 Legge 689/81. Il pagamento intero può essere minore di quello agevolato.

La legge 689/81 è il cardine delle sanzioni amministrative. In essa sono previsti i relativi principi e le modalità di applicazione, vale a dire di tutte quelle disposizioni che non hanno carattere tributario ma comportamentale.

A tutti sarà capitato di aver a che fare con il codice della strada, con un’ordinanza prefettizia o del Sindaco etc. Ebbene siamo di sicuro incappati nella 689/81. Ma questa legge così importante è del 1981 e comincia a sapere di vecchio e, come tutte le cose datate, ha avuto dei restyling che non hanno fatto altro che aumentare la confusione interpretativa. Lungi da me addentrarmi in una critica della legge, sulla quale si sono espressi valenti Professori di diritto, ma voglio limitarmi ad un problema concreto, come piace a me, suggerito dall’art. 16 della suddetta legge.

Esso prevede: «È ammesso il pagamento di una somma in misura ridotta pari alla terza parte del massimo della sanzione prevista per la violazione commessa o, se più favorevole e qualora sia stabilito il minimo della sanzione edittale, pari al doppio del relativo importo, oltre alle spese del procedimento, entro il termine di sessanta giorni dalla contestazione immediata o, se questa non vi è stata, dalla notificazione degli estremi della violazione. Per le violazioni ai regolamenti ed alle ordinanze comunali e provinciali, la Giunta comunale o provinciale, all’interno del limite edittale minimo e massimo della sanzione prevista, può stabilire un diverso importo del pagamento in misura ridotta, in deroga alle disposizioni del primo comma».

Facciamo un esempio: per una violazione ex art. 19 D.Lgs 374/90 (quello delle spiagge di cui abbiamo parlato) viene ipotizzata una sanzione da un minimo di euro 1200 a un massimo di euro 12.000, atteso che la norma in questione misura il relativo importo da un decimo all’intero valore del manufatto oggetto dell’illecito. L’art. 16 della 689 ammette il pagamento ridotto nella misura più favorevole tra 1/3 del massimo e il doppio del minimo, entro 60 giorni dalla notifica degli estremi della violazione. La sanzione agevolata risulta quindi pari ad euro 2.400 (cifra che corrisponde al doppio del minimo, mentre il 1/3 del max. è euro 4000).

Conviene in assenza di precedenti pagare la sanzione minima che deve essere comminata. Ma non è sempre così. Già lo stesso articolo 16 prevede la possibilità di deroga per comuni e provincie. Basta pensare a quanti siano i comuni italiani e le provincie per rendersi conto di quante possano essere le deroghe.

 

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